domenica 5 ottobre 2025

LE FRATTURE DI OMERO

 


Le fratture di omero possono essere distinte in base alla sede topografica in diafisarie e prossimali. Le fratture di omero prossimale sono una sfida sanitaria molto importante in quanto rappresentano tra il 5 e il 6% della totalità delle fratture negli adulti e sono il terzo sito di frattura più frequente nell’anziano, precedute solo da anca e polso1.

Queste fratture includono le lesioni scheletriche localizzate al di sopra dell’inserzione del muscolo gran pettorale. L’incidenza sembra aumentare con l’età e le donne subiscono questa tipologia di fratture oltre al doppio rispetto al sesso maschile. La maggior parte delle fratture di omero prossimale in età anziana deriva da traumi a bassa energia, mentre in pazienti più giovani possono subentrare traumi ad energia più elevata. i due fattori di rischio principali sono l’osteoporosi e il rischio di cadute2 3.

Anche le fratture diafisarie hanno un andamento bimodale in termini di popolazione colpita. Circa il 60% delle fratture diafisarie avvengono in pazienti oltre i 50 anni, di cui il 70% sono donne. Nei pazienti più giovani, il 70% sono uomini.


Le fratture diafisarie

Le fratture della diafisi omerale possono essere descritte in base alla sede (prossimale, intermedia o distale), al tipo di frattura (trasversale, obliqua, spirale, comminuta) e alla natura esposta o chiusa della frattura.

Il sistema di classificazione delle fratture della diafisi omerale AO è ampiamente utilizzato nella pratica clinica, dove esse (assegnate al numero 12 nella classificazione) sono classificate in base al tipo di frattura:

  • A (semplice);
  • B (angolate);
  • C (complessa/multiframmentata);
  • in base alla sede della frattura (a minuscola, b o c). 

Le fratture di tipo A (semplici) sono le più comuni e rappresentano circa il 68% delle fratture; il tipo B (angolate) rappresenta il 28% delle fratture; e il tipo C (complesso) è il più raro e rappresenta solo il 4% delle fratture. Il tipo di frattura osservato nelle diafisi omerali è influenzato dal meccanismo lesivo (ad alta o bassa energia, forza diretta o indiretta) e dalla conseguente trazione muscolare che agisce sui frammenti omerali. Una piccola minoranza di fratture della diafisi omerale è esposta e viene classificata dalla scala Gustilo-Anderson.

Le fratture trasversali più comuni derivano tipicamente da colpi diretti all’omero, mentre i traumi indiretti sono spesso conseguenza di cadute o di un movimento di torsione, come nel braccio di ferro, e di solito provocano fratture a spirale o oblique.

Le fratture comminute sono associate a lesioni ad alta velocità. Nelle fratture della diafisi prossimale all’inserzione deltoidea, il grande pettorale adduce e ruota internamente il frammento prossimale. Le fratture della diafisi distali all’inserzione deltoidea producono un accorciamento dell’omero, dovuto alla trazione del tricipite brachiale e all’abduzione del frammento prossimale. Il nervo radiale è particolarmente vulnerabile alle lesioni, a causa della sua stretta relazione con la diafisi omerale; studi riportano una prevalenza complessiva di paralisi del nervo radiale a seguito di fratture della diafisi omerale pari a circa il 12%, più frequentemente osservata con fratture trasversali o spirali che interessano la diafisi omerale media o distale. Lesioni più significative al plesso brachiale e lesioni vascolari all’arteria brachiale sono rare.

Le fratture del terzo prossimale dell’omero interessano spesso il collo chirurgico e sono più comuni tra gli anziani. Una caduta con la mano tesa può spingere la parte distale dell’osso contro il frammento prossimale, causando una frattura ingranata. Il nervo ascellare è una struttura vitale che può essere lesionata insieme al collo chirurgico dell’omero. Le fratture ingranate in quest’area possono rimanere stabili e causare relativamente poco dolore. Tuttavia, una concomitante lesione del nervo ascellare può portare all’indebolimento del piccolo rotondo e del deltoide e a una riduzione della sensibilità nella zona della spalla.

Il terzo medio dell’omero è una sede comune per le fratture trasversali e spirali. Lesioni gravi possono danneggiare il nervo radiale che si trova nel solco radiale di questa regione. Le lesioni del nervo radiale a questo livello si manifestano con polso cadente, debolezza nell’estensione delle dita a livello delle articolazioni metacarpo-falangee e incapacità di estendere e abdurre il pollice. La perdita di sensibilità può verificarsi nella parte dorsale dell’avambraccio, nelle dita da 1 a 3 e nella metà radiale del 4° dito.

Le fratture del terzo medio dell’omero di solito guariscono bene grazie alla buona vascolarizzazione periostale e ai muscoli che stabilizzano l’area. Le fratture del terzo distale dell’omero sono causate da una grave caduta sul gomito flesso. I nervi mediano e ulnare possono essere danneggiati a seguito di questo tipo di lesione. Le lesioni del nervo mediano possono causare debolezza dei flessori estrinseci della mano, dei muscoli tenari e dei muscoli lombricali laterali. Si possono osservare alterazioni sensoriali nella porzione volare del dito medio. Le lesioni del nervo ulnare indeboliscono i flessori della mano e i restanti muscoli intrinseci. Può anche verificarsi debolezza sensoriale nella porzione volare del dito medio49.

Le fratture della diafisi omerale rappresentano il 10% delle fratture pediatriche. Possono derivare dal parto (da rotazione o iperestensione dell’arto superiore durante il parto), da cadute, infortuni sportivi, traumi ad alta energia e lesioni non accidentali.

Fratture Prossimali

Esistono due principali sistemi di classificazione utilizzati per descrivere le fratture dell’omero prossimale: Neer e AO.

Fratture di Omero: classificazione
Classificazione di Neer delle fratture prossimali d’omero

La classificazione di Neer si basa sul numero di segmenti anatomici principali separati (testa omerale, trochite, trochine e diafisi omerale), con separazione definita come angolazione > 45° o dislocazione > 1 cm. Utilizzando questo metodo, si possono considerare le forze deformanti agenti sul sito di frattura, la vascolarizzazione dei frammenti e la continuità della superficie articolare.

Le fratture a un frammento (~70%) e a due frammenti (~20%) rappresentano la maggior parte delle fratture dell’omero prossimale. Nel gruppo 1 non sono presenti segmenti separati (a un frammento), indipendentemente dal numero di rime di frattura. Il gruppo 2 e il gruppo 3 comportano rispettivamente la separazione del collo anatomico e chirurgico, con o senza ulteriori segmenti di frattura non separati (a due frammenti).

Le fratture dell’omero prossimale del gruppo 3 tendono a preservare la cuffia dei rotatori. Il gruppo 4 è caratterizzato dalla separazione della grande tuberosità e il gruppo 5 dalla piccola tuberosità. Entrambi possono esistere come fratture a due, tre o quattro frammenti a seconda della separazione degli altri segmenti. Il gruppo 6 include le fratture con separazione della testa e la lussazione dell’articolazione gleno-omerale in associazione a una frattura dell’omero prossimale di qualsiasi morfologia, più comunemente una frattura a due frammenti che coinvolge la grande tuberosità.

Esame obiettivo e valutazione

In presenza di una frattura possiamo trovarci di fronte a diversi segni sintomi, tra cui:

  • dolore;
  • tumefazione;
  • crepitio;
  • deformità dell’arto;
  • mobilità preternaturale;
  • limitazione funzionale.

L’esame clinico deve poi tenere in considerazione la valutazione dello stato neurologico vascolare. L’esame radiografico è il primo step per il riconoscimento della lesione, qualora sia necessario per un corretto inquadramento classificativo e una conseguente scelta terapeutica può essere effettuata una TC, che consente una buona definizione dei rapporti tra i diversi frammenti omerali grazie alle ricostruzioni tridimensionali11.

Riabilitazione

La componente riabilitativa è fondamentale per una completa guarigione post frattura di omero, sia che trattata chirurgicamente che conservativamente. Gli strumenti impiegati in ambito riabilitativo sono la terapia manuale, l’esercizio terapeuticoterapie fisiche e le strategie di educazione sulla patologia.

Nonostante ciò, ad oggi vi è altissima variabilità tra i diversi protocolli riabilitativi proposti. Un recente studio ha confrontato 40 protocolli riabilitativi post-frattura di omero prossimale per un totale di 3.507 pazienti esaminati, concludendo che:

  • protocolli differiscono notevolmente in termini di durata dell’immobilizzazione, tempistiche di inizio degli esercizi (passivi, attivi-assistiti, attivi), restrizioni di carico e introduzione del potenziamento muscolare;
  • per l’immobilizzazione con tutore, la maggior parte dei pazienti è stata immobilizzata per circa 3 settimane;
  • la mobilizzazione precoce sembra avere outcome migliori rispetto a quella ritardata;
  • gli esercizi pendolari sono spesso iniziati il giorno successivo all’intervento o al trattamento conservativo;
  • la mobilizzazione passiva è generalmente avviata entro 2 giorni;
  • le mobilizzazioni attive-assistite e attive sono introdotte più comunemente dopo 3 settimane;
  • il potenziamento muscolare è avviato intorno alla sesta settimana;
  • la rimozione di tutte le restrizioni avviene tipicamente dopo 6 settimane.

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