domenica 23 dicembre 2018

 ARTROPOTESI DELL' ANCA E RIABILITAZIONE

     

Con il termine “artrosi” si intende una patologia articolare cronica a carattere evolutivo, in cui si assiste dapprima ad alterazioni degenerative della cartilagine articolare seguite da modificazioni delle altre strutture che compongono l’articolazione (tessuto osseo, membrane sinoviali, capsule articolari). Le principali localizzazioni sono all’anca (coxartrosi), alla colonna vertebrale (spondiloartrosi) ed al ginocchio (gonartrosi).
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La coxartrosi è molto frequente, interessando circa l’1% dei soggetti adulti. Predilige il sesso femminile e spesso è bilaterale.
Classificazione: la coxartrosi si può dividere in due gruppi, coxartrosi primaria e secondaria:
  • Coxartrosi primaria: insorge senza precedenti patologie a carico dell’articolazione ed in genere colpisce i soggetti che abbiano oltrepassato i 50 anni;
  • Coxartrosi secondaria: si manifesta precocemente, anche prima dei 40 anni e colpisce le anche di quei soggetti che abbiano avuto delle patologie che alterano i normali rapporti od il trofismo dei capi articolari (displasia congenita dell’anca, epifisiolisi, traumi come fratture o lussazioni).
Sintomi e segni: esistono vari sintomi e segni che permettono al medico di fare diagnosi di coxartrosi:
  • Il sintomo iniziale della coxartrosi è il dolore, che solitamente è percepito a livello inguinale ma può riferire anche alla faccia interna della coscia o del ginocchio: ciò è dovuto al fatto che queste zone sono innervate dagli stessi rami sensitivi del nervo femorale ed otturatorio. Più raramente è riferito alla natica, alla zona trocanterica od alla faccia laterale della coscia.
  • I segni consistono in lieve flessione e netta rotazione esterna (il piede punta verso l’esterno) con apparente accorciamento dell’arto. Si riscontrano anche limitazioni articolari (la prima ad essere limitata è la rotazione interna), ipotonia ed ipotrofia muscolare dell’arto interessato e zoppia di fuga. L’esame radiografico potrà evidenziare assottigliamento della rima articolare (lo spazio che si osserva tra un capo osseo e l’altro), formazione di osteofiti (crescite ossee in prossimità dell’articolazione), sclerosi subcondrale (ispessimento dell’osso al di sotto della cartilagine che lo fa apparire più bianco) e cavità geodiche.

  fig.2
Trattamento della coxartrosi: il trattamento della coxartrosi dipende dallo stadio di evoluzione in cui si trova la patologia:
  • Nella fase iniziale possono essere utili farmaci come gli antinfiammatori e gli analgesici (è necessario il consulto con il medico), esercizi di stretching e rinforzo muscolare e potrebbe essere utile anche l’utilizzo di un bastone impugnato con la mano opposta all’arto artrosico, per ridurre le forze compressive sull’articolazione.
  • Il trattamento della coxartrosi nella fase avanzata prevede invece la protesizzazione, infatti da qualche decennio è possibile la sostituzione protesica dei capi articolari dell’anca. Gli scopi dell’intervento di protesizzazione sono ottenere una “nuova anca” stabile, eliminare il dolore ed aumentare la possibilità di movimento. Esistono due tipi di sostituzione protesica chiamati rispettivamente endoprotesizzazione ed artroprotesizzazione.
  • Endoprotesi: con questo intervento viene sostituta solamente la testa del femore, mentre viene conservato l’acetabolo, che è l’osso facente parte del bacino.
  • Artroprotesi: questo intervento invece prevede la sostituzione sia della testa femorale che dell’acetabolo. L’artroprotesi non solo elimina il dolore ma conserva e riporta quasi alla normalità l’articolarità dell’anca, rispondendo così alle esigenze di una vita normale del paziente, sia esso anziano o giovane.

Tipi di protesi:
Esistono vari modelli di protesi, composti da uno stelo femorale (sostituisce testa e collo del femore) e da una porzione cotiloidea (sostituisce l’acetabolo).






Modalità di intervento: esistono varie modalità di intervento, che differiscono per la via d’accesso che può essere laterale, posteriore od anteriore e per l’utilizzo o meno di sostanze cementanti. Le descriviamo di seguito.
  • Via laterale: è forse la più frequente e con questo tipo di accesso vengono traumatizzati principalmente i muscoli abduttori.
  • Via posteriore: meno frequente, questa via di accesso traumatizza prevalentemente i muscoli estensori ed extrarotatori.
  • Via anteriore: forse la meno frequente, interessa i muscoli flessori (sartorio, retto femorale e tensore fascia lata).
L’utilizzo del cemento dipende dalla qualità dell’osso del paziente: le protesi cementate vengono applicate in quei soggetti le cui condizioni scheletriche non sono ottimali e pertanto c’è una ridotta capacità di produrre osso nuovo, mentre le protesi non cementate vengono applicate sui pazienti che abbiano un osso vitale e capace di rigenerarsi.

Preparazione all’intervento:
La buona riuscita dell’intervento dipende, oltre che da un corretto atto chirurgico, anche da una buona preparazione in previsione dell’intervento stesso. Al medico spetterà individuare e correggere tutte quelle condizioni sfavorevoli come diabete, patologie cardio-vascolari, eccesso ponderale, ecc, mentre il paziente dovrà impegnarsi, con l’adeguata assistenza del fisioterapista, nell’eseguire degli esercizi che hanno lo scopo di rinforzare la muscolatura deficitaria, aumentare la flessibilità delle strutture rigide e contratte e migliorare la funzione circolatoria. Ne proponiamo alcuni di seguito, che potranno risultare utili anche nell’immediato periodo post-operatorio ed andrebbero eseguiti per una decina di minuti ogni 1-2 ore:
  • Flettere ed estendere la caviglia: in posizione supina alzare ed abbassare la punta del piede, prima a destra e poi a sinistra. 30 ripetizioni.
    C:\Users\seba\Pictures\punte piedi.png

  • Abdurre l’arto artrosico: in posizione supina flettere l’arto sano e mantenendo esteso quello da operare/operato portarlo lateralmente facendo strisciare il tallone sul piano d’appoggio. 15 ripetizioni.
C:\Users\seba\Pictures\abduz.png
C:\Users\seba\Pictures\abd.png
  • Flessione del ginocchio: questo esercizio serve ad aumentare la flessibilità dei muscoli anteriori della coscia. In posizione prona flettere il ginocchio come se si dovesse toccare la natica con il tallone. È consigliabile farlo solo in preparazione all’intervento, molti pazienti operati avranno difficoltà ad eseguirlo dopo l’operazione. 15 ripetizioni per lato.

C:\Users\seba\Pictures\flex gin.png

  • Estensione dell’anca: questo esercizio è utile per rinforzare i muscoli estensori dell’anca. In posizione prona sollevare di pochi centimetri l’arto artrosico come indicato in figura; se la leva fosse troppo lunga si può flettere il ginocchio. 15 ripetizioni.
    C:\Users\seba\Pictures\est anca.png
    • Contrazione dei muscoli della coscia: in posizione supina spingere il ginocchio verso il basso per raddrizzare l’arto come mostrato in figura, resistere 10 secondi e poi rilassare l’arto. 15 ripetizioni.
      C:\Users\seba\Pictures\quadric.png
    • Contrazione dei glutei: in posizione supina, con anche e ginocchia flesse, contrarre lentamente i glutei, resistere per 10 secondi e poi rilassare. 15 ripetizioni.

    C:\Users\seba\Pictures\contr gl.png
  • Esecuzione del ponte: partendo dalla posizione precedente sollevare il bacino dal piano d’appoggio, resistere per 10 secondi e ritornare lentamente alla posizione di partenza. 15 ripetizioni.
C:\Users\seba\Pictures\ponte.png


Riabilitazione post-intervento
Ogni struttura ospedaliera differisce per quanto riguarda i protocolli e la presa in carico del paziente operato di protesi d’anca; c’è tuttavia una linea comune, che consiste in una prima fase della riabilitazione in regime di ricovero ospedaliero per 10-15 giorni, in cui c’è l’intervento quotidiano del terapista per tempi variabili. In questo periodo, gli scopi dell’intervento riabilitativo sono i seguenti:
  • Prevenzione delle trombosi venose profonde (tvp), che viene messa in pratica utilizzando calze elastiche, impostando un’adeguata terapia antitromboembolica e soprattutto mantenendo gli arti inferiori in movimento.
  • Igiene posturale: il fisioterapista darà dei consigli al paziente su come stare e muoversi a letto, come alzarsi, come vestirsi ed usare il bagno. Fanno parte dell’igiene posturale le indicazioni che vengono date per prevenire la lussazione della protesi.
  • Recupero dell’escursione articolare, con esercizi adeguati proposti dal fisioterapista.
  • Rinforzo muscolare della muscolatura deficitaria.
  • Rieducazione al cammino con ausili (vedi girello prima e bastoni canadesi poi).
    Per quanto riguarda l'utilizzo corretto dei canadesi e su come salire e scendere le scale vi consiglio questo precedente articolo http://mondofisioterapia.blogspot.it/2014/05/lutilizzo-corretto-delle-stampelle.html#more
In questa fase di ricovero possono essere molto utili alcuni degli esercizi consigliati in preparazione all’intervento, come i movimenti della caviglia, gli esercizi di abduzione da supino, le contrazioni dei muscoli glutei, l’esecuzione del ponte (sotto supervisione del fisioterapista).
Il termine del ricovero avviene generalmente poco dopo la rimozione dei punti di sutura e quando il medico valuta che la condizione clinica del paziente è stabile; quest’ultimo verrà quindi dimesso ed accederà al servizio di riabilitazione in regime ambulatoriale.

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