lunedì 3 febbraio 2014

OSTEOTOMIA TIBIALE ALTA VALGIZZANTE
 (foto tampieriortopedico.it)
L’osteotomia tibiale alta valgizzante (OTAV) rappresenta una tecnica chirurgica ampiamente utilizzata nel trattamento dell’artrosi monocompartimentale mediale del ginocchio. In letteratura sono state proposte diverse tecniche (in chiusura, in apertura, cupoliforme, en chevron, ecc.): oggigiorno le tecniche più utilizzate e riproducibili sono l’osteotomia mediale in apertura e quella laterale in chiusura. Nel corso degli anni sono stati sviluppati strumenti e mezzi di sintesi delicati, che permettono l’esecuzione di osteotomie con alta affidabilità e precisione. I dati in letteratura riportano buoni risultati in termini di funzionalità e sopravvivenza a medio-lungo termine.

INDICAZIONI
L’indicazione all’OTAV è rappresentata dalla correzione delle deformità in varo del ginocchio. Correggendo la deformità, si riduce il sovraccarico del compartimento mediale, e pertanto si riduce la sintomatologia dolorosa a suo carico. 
Il candidato ideale per una osteotomia tibiale è un paziente giovane (meno di 60 anni) attivo, affetto da un varo tibiale moderato, artrosi di grado moderato, compartimento laterale e femoro-rotuleo intatti, buon range di movimento (flessione del ginocchio maggiore di 120°), ginocchio stabile con legamenti integri.
Recentemente le osteotomie sono state anche proposte come procedura associata ad altri gesti chirurgici: in caso di lassità postero laterale, rottura del LCA, varus thrust e lesioni legamentose multiple. La realizzazione di un’osteotomia che modifica lo slope tibiale permette di proteggere una ricostruzione legamentosa o di ridurre lo stress su un complesso legamentoso. In casi di riparazioni complesse condrali e meniscali (procedure rigenerative, mosaicoplastiche, trapianti condrali e meniscali) viene eseguita un’osteotomia di scarico del compartimento per proteggere la procedura effettuata.
L’indicazione corretta per l’OTAV è data da una deformità metafisaria tibiale: se la deformità è a carico del femore o della tibia distale, la realizzazione di un’osteotomia tibiale alta finisce per creare stress torsionali sulla tibia e sul ginocchio che possono essere causa di risultati insoddisfacenti, con dolore e fallimento precoce.

Letteratura - Risultati delle OTAV
Gli studi di sopravvivenza delle osteotomie riportano risultati sempre più soddisfacenti grazie alla selezione dei pazienti e una tecnica chirurgica precisa. I dati più recenti riportano una sopravvivenza a 10 anni in aumento, tra 50% e 80% (Naudie D, Bourne RB, Rorabeck CH, et al. The Install Award. Survivorship of the high tibial valgus osteotomy. A 10- to 22- year follow-up study. Clin Orthop Relat Res 1999;367:18-27),
 fino al 90% ( Sprenger TR, Doerzbacher JF. Tibial osteot- omy for the treatment of varus gonarthrosis. Survival and failure analysis to twenty-two years. J Bone Joint Surg Am 2003;85- A:469-74.), fino al 95,1% (10 Koshino T, Yoshida T, Ara Y, et al. Fifteen to twenty-eight years’ follow-up results of high tibial valgus osteotomy for osteoarthritic knee. Knee 2004;11:439-44) e fino al 97,6% (Akizuki S, Shibakawa A, Takizawa T, et al. The long-term outcome of high tibial osteoto- my: a ten- to 20-year follow-up. J Bone Joint Surg Br 2008;90:592-6.)

I risultati clinici e di soddisfazione dei pazienti sono altrettanto buoni, con risultati da buoni a eccellenti tra 50 e 80% a 5-7 anni di follow-up, e da 30 a 60% a 10-15 anni.
La letteratura non fornisce dati definitivi su quale tecnica di osteotomia sia da preferire, se in apertura, in chiusura o cupoliforme, visto che nessuna tecnica ha mostrato risultati marcatamente superiori. Le difficoltà tecniche di esecuzione dell’osteotomia, i rischi di lesioni nel nervo SPE, e le difficoltà correlate alla conversione in protesi totale di ginocchio rendono le osteotomie in chiusura più complicate rispetto a quelle in apertura, per cui la preferenza per la tecnica in apertura è oggi in ascesa rispetto alla chiusura. 
I buoni risultati sono strettamente legati al rispetto delle corrette indicazioni e a una rigorosa tecnica chirurgica.

Il post-operatorio
Dopo l’intervento viene applicato un tutore di immobilizzazione per qualche settimana e non si deve appoggiare l’arto operato (in modo completo per 30-40 giorni e parzialmente per 45-60 giorni).
L'intervento di osteotomia prevede l'interruzione della corticale dell'osso e la modifica dell'asse. Si tratta quindi di una vera e propria frattura e tale va considerata nel trattamento riabilitativo. Nelle prime settimane post-operatorie è utile la massoterapia associata ad esercizi di sollevamento dell'arto teso, per limitare l'ipotonia muscolare. 
A 30-40 giorni post-intervento dopo il controllo radiografico e su indicazione dell'ortopedico si può iniziare la fase di mobilizzazione graduale del ginocchio operato e di carico parziale con due canadesi.
Una volta guarite le ferite chirurgiche grande importanza riveste l'idrokinesiterapia, in quanto permette di recuperare più velocemente la normale dinamica del passo e di eseguire diversi esercizi senza sovraccaricare l'arto inferiore operato.
Alla ripresa totale del carico e della deambulazione, verranno incrementati i carichi di lavoro in palestra, aggiungendo anche gli esercizi propriocettivi. 


Bibliografia
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 Amendola A, Bonasia DE. Results of high tibial osteotomy: review of the literature. Int Orthop 2010;34:155-60. 
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 Agneskirchner JD, Freiling D, Hurschler C, et al. Primary stability of four different im- plants for opening wedge high tibial oste- otomy. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2006;14:291-300. Spahn G, Mückley T, Kahl E, et al. Biome- chanical investigation of different internal fixations in medial openingwedge high tib- ial osteotomy. Clin Biomech (Bristol, Avon) 2006;21:272-8.
 Insall J, Walker P. Unicondylar knee replacement. Clin Orthop Relat Res 1976;(120):83-53.

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